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sabato 27 Luglio 2024
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Perché l’infedeltà fiscale non è considerata una vergogna (Corriere della Sera)

Caro Aldo, nelle risposte ai lettori lei cita spesso la questione dell’evasione ed elusione fiscale, tirando in ballo – giustamente – i miliardari che trasferiscono i loro patrimoni nei paradisi fiscali o quei campioni sportivi che spostano il domicilio fiscale a Montecarlo. Il grosso delle mancate entrate fiscali nelle casse dello Stato, però, non è rappresentato da costoro, ma dai milioni di partite Iva, che dichiarano redditi da fame, e poi si scopre che sono proprietari di casa al mare, in montagna, Suv e via discorrendo. È su queste persone che bisogna insistere. Che ne pensa?

Risponde Aldo Cazzullo

Caro Severo, se l’infedeltà fiscale non è mai stata affrontata con severità e risolta, è perché non è percepita come una vergogna o anche solo come un problema dalla maggioranza degli italiani. Me ne sono accorto anche dalle reazioni aggressive, per usare un eufemismo – una delle più dure veniva dal responsabile della tv del Partito democratico! -, alle considerazioni abbastanza ovvie che lei ricordava: un campione non può pensare di rappresentare degnamente l’Italia se non paga le tasse nel suo Paese. Vale per i tennisti ma ovviamente vale a maggior ragione per i miliardari. E poi certo vale per ognuno di noi. Ma quanti sono davvero interessati all’argomento? Metà degli italiani non paga un euro di tasse. Venti milioni non presentano proprio la dichiarazione dei redditi; altri dieci milioni si rifugiano nella no tax area, che a volte è un paradiso fiscale in patria. Quasi metà dei contribuenti dichiara meno di 15 mila euro. Quasi il 90 per cento dell’Irpef è pagato da lavoratori dipendenti e pensionati. Nel Paese delle Ferrari e delle ville sul mare, solo 35 mila persone dichiarano più di 300 mila euro all’anno. Va da sé che il Fisco si accanisca sugli onesti, disincentivando il lavoro e l’intrapresa. Se questo accade, non è solo questione di leggi inique e di burocrazia inefficiente. È questione di mentalità, di cultura. Purtroppo lo Stato è percepito come altro rispetto a noi. Partecipare allo sforzo comune – scuole, forze dell’ordine, strade, ospedali, terapie intensive, e quindi cultura, sicurezza, salute – non è considerato un merito. E chi non paga le tasse non è considerato un disonesto, ma uno che ce l’ha fatta.

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