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sabato 5 Ottobre 2024
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Pmi, in Ue operano 24 mln di piccole e medie aziende, criticità e prospettive di sviluppo

Le prospettive di crescita e consolidamento della struttura economico-finanziaria delle Pmi sono da
tempo in cima all’agenda delle istituzioni comunitarie.
La ragione è semplice: essendo profondamente radicate nell’intelaiatura produttiva dell’Unione
europea, le Pmi costituiscono il perno attorno a cui ruotano la competitività, la ricchezza e la stessa
“sovranità” tecnologica del mercato unico.
Rappresentando circa il 99% dell’intero tessuto aziendale dell’Unione ed assorbendo circa i 2/3
della domanda di lavoro proveniente dal comparto privato, le PMI sono la spina dorsale dell’area
Ue, continue fucine di progetti e pratiche innovative ed indiscusse protagoniste dell’affermazione a
livello globale del “made in Europe”.
Ciò nonostante, le relative prestazioni restano poco performanti.
A dispetto dei dati numerici registrati – quasi 24 milioni le Pmi operanti nel mercato europeo ed
oltre 100 milioni i lavoratori in esse impiegati (fonte: Parlamento europeo “Note sintetiche 2021”) –
il PIL generato rimane ben al di sotto delle aspettative (inferiore al 50% del PIL prodotto nell’intera
area UE.).
Pur se tale dato segna un netto miglioramento rispetto al passato (tra il 2015 ed il 2016 il volume di
affari prodotto dalle PMI sfiorava appena il 15% ), esso è, comunque, rilevatore della presenza di
ostacoli – di natura tecnica, burocratica, infrastrutturale, finanziaria – che rallentano
significativamente la crescita delle aziende europee.
Da qui l’impegno delle istituzioni unionali per lanciare nuove misure di sostegno, implementare
quelle esistenti e ricalibrare le strategie adottate alla luce delle effettive esigenze dimensionali delle
PMI.
Già nel 2008 la Commissione europea, consapevole del ruolo nevralgico svolto dalle PMI
nell’economia del mercato unico, aveva lanciato lo “Small Business Act”, strumento
programmatico di integrazione e coordinamento delle azioni di aiuto e rilancio delle piccole e medie
imprese.
La novità del progetto era, essenzialmente, di ordine metodologico. Si trattava, in buona sostanza,
di avviare un partenariato tra gli Stati membri per progettare una imprenditorialità in area UE tarata
sulla realtà dimensionale propria delle PMI.
Parola d’ordine: “Think small, first!”.
Da allora, la riduzione degli ostacoli amministrativi, l’alleggerimento degli adempimenti formali, la
semplificazione del linguaggio normativo ( il cd. “cut of the red carpet”) sono stati tra gli obiettivi
costantemente perseguiti dalla Commissione europea per:
 sensibilizzare l’apparato pubblico alle esigenze delle PMI;
 modernizzare le politiche unionali in materia di appalti pubblici;

 garantire una serrata tempistica dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni (ad oggi
appena il 40% delle PMI viene pagato alle scadenze pattuite), munendo le aziende di
strumenti regolamentari più efficaci per la riscossione dei propri crediti.
Tale ultima azione, implementata grazie alla “Late payment directive”, assume rilievo cruciale per
l’efficace contrasto del rischio di bancarotta cui le PMI sono particolarmente soggette in quanto
sprovviste, il più delle volte, di una solida struttura finanziaria e poco aduse al ricorso al mercato
creditizio.
Al riguardo, secondo una recente analisi della Commissione europea, risulta che solo il 10% delle
PMI si avvale di finanziamenti esterni e appena l’1% si rivolge ai mercati azionari.
Le iniziative messe a punto dalle istituzioni comunitarie per imprimere un reale cambio di passo
prevedono:
 la creazione, all’interno del programma di investimenti europei, di un fondo per le PMI
(denominato “Initial Public Offering”) in cui far confluire finanziamenti dai settori pubblici
e privati per alimentare quelle iniziative imprenditoriali che difficilmente trovano sponda
presso gli organismi creditizi tradizionali (si pensi, ad esempio, alle start-up lanciate da
giovanissimi imprenditori o all’imprenditoria femminile);
 l’introduzione di meccanismi idonei a favorire flussi di finanziamenti – alimentati
essenzialmente da capitale di rischio – destinati alle PMI ad elevato potenziale di crescita.
L’impegno che le istituzioni comunitarie stanno profondendo per favorire il pieno sviluppo delle
PMI non sarà a breve termine.
Tra i numerosi ostacoli che concorrono a rallentare lo sviluppo delle PMI figurano le resistenze
degli Stati membri nell’adattare le legislazioni interne ad una realtà operativa che richiede
snellezza, semplicità e concretezza. Specie alla luce delle sfide poste dalla costante evoluzione
tecnologica e dal cambiamento dei modelli di marketing conseguenti all’affermazione dell’e-
commerce in quasi tutti i segmenti di mercato.
Il piano elaborato dalla Commissione europea “Strategia europea per uno sviluppo sostenibile e
digitale” sembra prospettare risposte articolate ed azioni mirate per il sostegno delle piccole e medie
realtà aziendali, quale che sia il loro segmento di attività, dall’innovativo high-tech all’azienda
manifatturiera o artigianale.
Ciò che realmente conta è garantire l’affermazione di una rete di aiuti e sostegno a 360° che non
trascuri alcun settore produttivo ed assicuri alle PMI una protezione efficace dalla pressante
concorrenza dei mercati extra-Ue, troppo spesso ingiustificatamente competitivi a causa di
regolamentazioni interne poco attente al benessere ambientale e dei consumatori.

(Sullo stesso tema si veda anche l’articolo sulle agevolazioni Iva in Ue in vigore da luglio prossimo)

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