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lunedì 10 Marzo 2025
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Reati tributari: effetti premiali scattano solo con l’estinzione del debito

Il tema dei rapporti tra estinzione debito tributario e suoi effetti nell’ambito del processo penale è sempre molto “caldo”, soprattutto per i suoi profili in termini di esimente, o comunque attenuazione della condanna e possibilità di accedere al patteggiamento (e alla relativa riduzione di pena).

Su tali temi si è recentemente espressa la Corte di Cassazione, Sez. Penale, con la Sentenza n. 9216 del 04.03.2024.

Nel caso di specie, il GIP del Tribunale aveva applicato, ex art. 444, cod. proc. pen. (patteggiamento), la pena di un anno e gg. 13 di reclusione, con il concorso di attenuanti generiche e ridotta la pena per il rito richiesto, per i reati di omessa dichiarazione contestati in relazione alle annualità di imposta 2017, 2018 e 2020 (pena poi sostituita ex art. 20-bis, cod. pen. con il lavoro di pubblica utilità).

Avverso la sentenza il Procuratore generale presso la Corte d’appello aveva però proposto ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, che l’applicazione della pena per i delitti contestati era consentita solo in caso di intervenuta estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento degli importi dovuti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, fatte salve le ipotesi di cui all’art. 13, commi 1 e 2, del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000.

Nella specie, rilevava il PG, dagli atti non risultava però che tale condizione fosse stata soddisfatta, non essendo stato documentato alcun (tempestivo) pagamento degli importi dovuti, con conseguente preclusione dell’accesso al rito richiesto.

Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato.

Evidenziano i giudici di legittimità che, ai sensi dell’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, la causa di non punibilità per i reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 si verifica solo quando i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, e sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Se tale causa di non punibilità non si verifica, ai sensi del comma 1 dell’art. 13-bis d.lgs. n. 74 del 2000, le pene per tali delitti sono comunque diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

Ai sensi poi del comma 2 del citato art. 13 bis, per il delitto ex art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, ove non si verifichi la causa di non punibilità ex art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, anche l’accesso all’applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen. è possibile «solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1», cioè quando prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, oppure se l’imputato ha avuto accesso al ravvedimento operoso, ma dopo che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Di conseguenza, si è affermato il principio per cui, in tema di reati tributari, la preclusione al patteggiamento posta dall’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 per il caso di mancata estinzione del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento opera solo con riguardo ai più gravi reati dichiarativi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5, richiamati dall’art. 13, comma 2, dello stesso decreto, dal momento che, in tali ipotesi, l’integrale pagamento del debito effettuato prima del predetto termine, ma dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, vale solo a ridurre il disvalore penale del fatto e non esclude la punibilità, mentre non opera per i reati di omesso versamento di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, richiamati dall’art. 13, comma 1, d.lgs. citato, per i quali l’estinzione del debito determina comunque la non punibilità e, quindi, non può valere anche quale condizione per accedere al patteggiamento (cfr., Cass., Sez. 3, n. 9083 del 12/01/2021).

In definitiva, conclude la Corte, per i suddetti reati “dichiarativi” possono quindi porsi tre distinte ipotesi:

1) ove l’estinzione del debito tributario intervenga prima dell’accertamento, troverà applicazione la previsione dell’art. 13, D.Igs. n. 74 del 2000 (causa di non punibilità);

2) ove l’estinzione del debito tributario intervenga dopo l’accertamento, ma prima dell’apertura del dibattimento, troverà applicazione la previsione normativa di cui all’art. 13-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 (circostanza attenuante);

3) ove l’estinzione del debito tributario intervenga dopo l’accertamento e l’apertura del dibattimento, sarà preclusa sia l’applicazione della causa di non punibilità, sia il riconoscimento dell’attenuante speciale e dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen. e sia, infine, l’accesso al rito (patteggiamento).

Venendo al caso in esame, in relazione al reato ex art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, non risultava dalla sentenza e dagli atti il pagamento del debito tributario, sicché l’accesso al rito era precluso, essendo illegale la pena determinata attraverso una riduzione per il patteggiamento, non consentita per la mancanza dei presupposti richiesti dalla legge per l’accesso al rito speciale.

In definitiva, nell’ambito del processo penale per delitti tributari puniti dal d.lgs. n.74/2000 sussistono alcune cause di non punibilità ed attenuanti che mirano a contemperare le esigenze di “punizione” del fatto di reato con quelle della definizione, in sede amministrativa, delle pendenze fiscali, anche mediante il ricorso agli istituti deflativi del contenzioso tributario.

Oltre a quelli già evidenziati nella sentenza in commento, il D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, poi convertito nella L. 19 dicembre 2019, n. 157, ha poi ulteriormente ampliato la causa di non punibilità derivante dal pagamento del debito tributario prevista per i delitti di cui agli artt. 4 e 5 del D.lgs n. 74/2000 anche al delitto di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” ex art. 2, nonchè a quello di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” di cui all’art. 3 del citato D.Lgs n. 74/2000.

E l’art. 23 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56, ha introdotto anche una nuova causa di non punibilità “speciale”, che, pur applicandosi ai delitti di «omesso versamento di ritenute» (articolo 10-bis), «omesso versamento di Iva» (articolo 10-ter) e «indebita compensazione» con utilizzo di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1), già contemplati dal primo comma dell’art. 13 d.lgs. n.74/2000, prevede, espressamente, quale presupposto per la sua applicabilità, che le relative violazioni siano correttamente definite e le somme dovute versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 197/2022 (cosiddetti provvedimenti della tregua fiscale), purché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello.

In definitiva, un complesso (e non sempre chiaro) coacervo normativo, che correla al pagamento del debito tributario importanti effetti premiali sul piano penale, per accedere ai quali, come visto, sussistono comunque specifici limiti, almeno per certi tipi di reati a maggior rischio di “inganno” come appunto quelli dichiarativi.

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