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sabato 27 Luglio 2024
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Riforma fiscale, lavoratori dipendenti nel mirino

La commissione sulle agevolazioni sembra orientata a non tener conto che dal 2003 i lavoratori dipendenti non godono più delle detrazioni per la produzione del reddito, per un maggior gettito stimabile in non meno di 15 mld. Mentre i redditi di imprese e autonomi sono calcolati al netto di costi e spese di produzione.

di Oreste Saccone

Brutte sorprese per i lavoratori dipendenti potrebbero arrivare dalla riforma fiscale allo studio del ministro Tremonti. E in particolare dal riordino delle agevolazioni. Dalle prime risultanze della commissione sulle “tax expenditures” emerge che i lavoratori dipendenti beneficiano di sconti fiscali per 37,7 miliardi di euro mentre non viene rilevato che l’attuale normativa fiscale non riconosce le spese sostenute dai lavoratori per la produzione del reddito, che valgono non meno di 12,6/15,0 miliardi di euro in termini di maggiori imposte incassate dall’erario. La commissione ha individuato ben 476 forme di erosioni della base imponibile e del gettito fiscale (agevolazioni, regimi speciali, esenzioni, deduzioni e detrazioni ), che comportano un minor gettito erariale di circa 196 miliardi di euro. {jcomments on}

E ‘ certamente meritevole l’intento di mettere ordine nel sistema tributario e rimuovere privilegi e franchigie ingiustificate. Se non ché scopriamo che al primo posto tra i maggiori beneficiari della munificenza del fisco ci sono i lavoratori dipendenti i quali godono di sconti fiscali di ben 37.726 milioni sotto forma di detrazioni. Un rapido approfondimento della normativa fiscale ci fa capire, però, che qualcosa non quadra. Difatti, mentre i redditi delle imprese e dei lavoratori autonomi vengono – ovviamente – calcolati al netto dei costi e delle spese sostenute per la loro produzione, nel tassare i redditi di lavoro dipendente il fisco non tiene conto dei costi e delle spese sostenute per lavorare. Eppure alla pari del professionista o dell’artigiano o del ristoratore anche il lavoratore dipendente sostiene una serie di costi inerenti al suo lavoro. Ad esempio usa l’auto o i mezzi pubblici per recarsi a lavoro, acquista riviste, libri, personal computer e utilizza internet per tenersi aggiornato, sostiene spese di tasca sua per mangiare o bere durante le ore di lavoro, è costretto a vestirsi in un certo modo e, comunque usura gli abiti per lavorare, etc. etc.

A fronte delle spese di produzione del reddito di lavoro dipendente il legislatore delle riforma del 1972, in luogo delle spese effettivamente sostenute, ritenne opportuno riconoscere una detrazione forfettaria rapportata al periodo di lavoro nell’anno, peraltro piuttosto modesta. Tale forma di detrazione è rimasta in vita fino all’anno d’imposta 2002. Poi con l’avvento del primo modulo della riforma fiscale 2002 del secondo Governo Berlusconi – Tremonti , è stata cancellata e sostituita dalle attuali detrazioni a favore dei redditi di lavoro dipendente e assimilati , a cui fa riferimento il tavolo della riforma, che non sono correlate alle spese che i lavoratori sostengono quotidianamente per lavorare, bensì mirano ad assicurare un minimo di progressività nell’imposizione per i redditi più bassi. In questa prospettiva, se cioè si ritiene che le attuali detrazioni per i lavoratori dipendenti non coprono le spese di produzione del reddito, ma rappresentano semplici sconti di imposta da mettere in discussione o da barattare con le parti sociali, è evidente la necessità di consentire anche ai lavoratori dipendenti di essere tassati sul reddito netto e non lordo, e cioè di tener conto, ai fini delle determinazione della base imponibile, delle spese effettivamente sostenute per lavorare. Diversamente è palese la violazione del principio di capacità contributiva, garantito all’art. 53 della Costituzione.

Per avere una dimensione quantitativa di tali spese, si può far riferimento ai dati pubblicati dal Dipartimento Finanze relativi alle dichiarazioni dei redditi – periodo d’imposta 2008. L’ammontare del reddito complessivo dei lavoratori dipendenti corrisponde a 456,756 miliardi di euro, l’imposta relativa a 122,332 miliardi di euro, pari al 26,8 %. Ritenendo attendibile calcolare in almeno il 10/12% del reddito prodotto e comunque in non meno di 1.500/2.000 euro annui, il costo medio presunto per le spese di produzione del reddito da lavoro dipendente, l’ammontare complessivo di esse risulta pari a circa 47/56 miliardi di euro, corrispondente ad un gettito di circa 12,6/15,0 miliardi di euro. Se a ciò aggiungiamo che in nessun Paese civile si tassa il reddito sotto un determinata soglia minima (in quanto reddito di sopravvivenza) e che in Italia i lavoratori dipendenti sotto la soglia dei 7.500 euro sono circa 4 milioni, è evidente che i numeri finora fatti circolare hanno mero valore statistico o, forse meglio, rappresentano solo un ballon d’essai, lanciato per sondare gli umori dell’opinione pubblica.

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