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domenica 1 Settembre 2024
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Sanzioni tributarie amministrative, riordino tra incongruenze e regali agli evasori

Nel decreto approvato dal Governo una serie di disposizioni incoerenti che, oltre a non contrastare l’evasione, obbligheranno gli uffici a rivedere tutti gli accertamenti pendenti.  

Piccoli regali agli evasori, aggravi per gli uffici costretti a ricalcolare gli importi di tutti gli accertamenti non definitivi o contestati e riduzione del gettito da contrasto all’evasione. Il tutto condito da macroscopiche incongruenze in un percorso sempre più disegnato per favorire chi pianifica comportamenti dilatori rispetto a chi osserva le regole e i termini per versare le imposte. E’ il quadro che emerge da una attenta analisi (link al documento) del decreto legislativo che riordina la disciplina delle sanzioni amministrative tributarie varato dal Governo e all’esame del parlamento per il parere. Ancora una volta, come anche nel riordino del penale tributario, emerge la mancanza di una effettiva strategia di contrasto dell’evasione. Si modificano le misure edittali e i meccanismi definitori senza tenere conto dell’impatto che tali modifiche possono avere sul comportamento dei contribuenti, spesso perdendo di vista il fondamento stesso dell’ordinamento fiscale, basato in gran parte sull’adempimento spontaneo e nel quale, pertanto, insieme alla facilità di assolvimento degli obblighi fiscali e all’assistenza che deve essere fornita dall’amministrazione, giocano un ruolo decisivo anche l’entità e l’effettività della sanzione in caso di deliberata trasgressione delle regole. Ancora una volta si ha l’impressione che tali considerazioni, che potremmo definire banali e di buon senso, non sembrano oggi trovare spazio nel populismo legislativo dominante.

Per comprendere il nuovo modo di legiferare in materia fiscale, e non solo, del governo Renzi vediamo alcune delle modifiche previste dal Dlgs. Relativamente all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, Iva e Irap, pur confermando le attuali sanzioni da un minimo del 120 ad un massimo del 240% delle maggiori imposte dovute, viene introdotto uno sconto per chi presenta comunque la dichiarazione entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo e comunque prima della notifica dell’avviso di accertamento (la sanzione scenda da un minimo del 60 a un massimo del 120%) con un minimo di 200 euro. E’ opportuno ricordare che l’omessa dichiarazione scatta dopo un ritardo di novanta giorni dal termine: lo stesso termine è previsto anche per il nuovo ravvedimento operoso, che consente di sanare la propria posizione pagando 1/10 del minimo edittale.

Con la nuova disposizione vediamo cosa capita a due contribuenti, che hanno dichiarato nell’anno d’imposta un debito Irpef di mille euro. Il primo presenta la dichiarazione entro i termini previsti ed effettua tempestivamente il versamento dell’imposta dovuta; il secondo la presenta oltre i 90 giorni ma entro il termine previsto dalla dichiarazione del periodo d’imposta successivo. Entrambi vengono accertati per una maggiore imposta di 500 euro ciascuno. Il primo contribuente, che ha presentato una dichiarazione infedele nei termini, incorre nella sanzione prevista dall’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 471/1997, attualmente variabile tra il 100 e il 200 per cento della maggiore imposta accertata e pagherà una sanzione tra 500 e 1000 euro; al secondo, che ha presentato una dichiarazione considerata omessa, comunque infedele, verrà irrogata una sanzione inferiore, variabile tra il 60 e il 120 percento della maggiore imposta accertata e quindi tra 300 e 600 euro. In pratica la nuova normativa realizza un vantaggio a parità di evasione per chi comunque dichiara in ritardo.

Problematica è poi la questione relativa alla violazione di dichiarazione infedele. Qui le sanzioni (dall’90 al 180% della maggiore imposta) vengono attenuate rispetto alla formulazione attuale, che va da un minimo del 100% ad un massimo del 200 per cento. La modifica avrà effetti rilevanti, perché renderà necessario rivedere tutti gli avvisi di accertamento ancora non definitivi, secondo quanto prevede il principio del favor rei. Il governo ha previsto una copertura finanziaria di 40 milioni di euro limitando tale copertura al 2017. Si tratta di un importo insufficiente in quanto la norma produrrà effetti anche negli anni successivi.

Ma non è l’unico problema. È del tutto incomprensibile la novità introdotta in materia di crediti ‘imposta. In caso di dichiarazioni dei redditi, Irap o Iva a credito non è prevista, diversamente da quanto accade attualmente, alcuna sanzione se il credito indicato è superiore a quello accertato. In pratica le disposizioni tendono a colpire il comportamento che arreca direttamente il danno, ma trascura completamente tutti quei comportamenti che “potenzialmente” potrebbero danneggiare l’erario. L’aver escluso la sanzionabilità di tali comportamenti potrebbe favorire comportamenti spregiudicati, consentendo ad un contribuente infedele di presentare dichiarazioni con crediti superiori a quelli spettanti, nella consapevolezza che un’eventuale rettifica di tali crediti entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento non comporterebbe alcun esborso monetario (né a titolo di imposta, né a titolo di interessi, né a titolo di sanzioni). Tuttavia, decorso il termine entro il quale l’ufficio può esercitare il potere di rettifica delle dichiarazioni, tali “crediti” potranno essere fatti valere (in compensazione o mediante richiesta degli stessi a rimborso). Conseguentemente va segnalato come le modifiche introdotte creino la possibilità di indurre frodi tributarie, nella consapevolezza che in caso di accertamento delle stesse non verrà applicata alcuna sanzione di carattere amministrativo o penale. Ritenere che l’indicazione in dichiarazione di un’eccedenza non spettante implichi esclusivamente un “rischio” per l’erario e non concretizzi un effettivo “danno” è frutto di un evidente errore; tale convinzione, infatti, trascura il fatto che l’indicazione di un’eccedenza in dichiarazione costituisce titolo per il rimborso o l’utilizzo in compensazione (anche con contributi o tributi non erariali) della stessa e che, qualora questa non sia stata rettificata dall’ufficio entro i termini ordinari di accertamento, dovrà necessariamente essere corrisposta al contribuente.

Lo stesso discorso vale per l’eliminazione delle maggiorazioni sanzionatorie previste per le dichiarazioni infedeli delle dichiarazioni dei redditi, Irap e Iva ai fini dell’applicazione degli studi di settore. In un colpo solo, viene meno l’aggravio se l’imponibile supera il 10% dell’accertato e la maggiorazione del 50% della sanzione minima e massima. Anche in questo caso entra in gioco il principio del favor rei, per cui bisognerà rivedere tutte le pratiche pendenti e stanziare risorse per la copertura finanziaria. Senza contare che queste modifiche invoglieranno i contribuenti ad alterare gli studi di settore perché l’unica sanzione prevista è l’irrogazione di una sanzione fissa di 2000 euro, che si può però definire in via ordinaria con un esborso pari a 1/3 della sanzione, 667 euro. (Vai al documento)

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