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martedì 29 Aprile 2025
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Si recuperi lo spirito del 2001: al Mef l’indirizzo politico, alle agenzie fiscali obiettivi misurabili

La semplificazione degli adempimenti fiscali e il rafforzamento della lotta alla evasione passano anche attraverso la distribuzione razionale dei compiti tra le istituzioni dell’amministrazione finanziaria.

La nascita delle Agenzie fiscali, nelle intenzioni dei governi succedutisi fino al 2001, avrebbe dovuto stabilizzare e potenziare i benefici derivati dall’aver messo al riparo le competenze informatiche dalle debolezze storiche della PA (farraginosità dei processi decisionali, lentezza nell’adozione di misure e provvedimenti, difficoltà di coordinamento). Il disegno generale prevedeva di assegnare al Ministero delle finanze la funzione di indirizzo politico dell’azione amministrativa e alle neonate Agenzie il compito di attuarne le direttive, avvalendosi, in modo esclusivo, vista la delicatezza dei temi trattati, del supporto informatico di un’azienda controllata.

Con il pressoché immediato cambio di governo e il conseguente avvicendamento alla guida delle Agenzie si verificò, tra politica e amministrazione fiscale, una saldatura di carattere esclusivamente strumentale, palesemente fondata sull’obiettivo di limitare la capacità reale di gestione e controllo dell’amministrazione. Questa limitazione veniva offerta in contropartita nel patto sociale che ha sostenuto per anni i governi di centrodestra, in modo del tutto indipendente dai disegni di riforma, soppressione o rafforzamento delle Agenzie strumentalmente sbandierati.

In questo quadro le Agenzie, in particolare quella delle entrate, in passato hanno spesso debordato dal proprio ruolo istituzionale, finendo per interferire con il ruolo proprio dell’autorità politica. Ne sono prova l’esautorazione “de facto” del Dipartimento delle finanze dalla sua funzione di indirizzo e coordinamento, il presenzialismo mediatico di alcune figure di vertice, i blitz ad uso e consumo del bisogno di giustizia fiscale del paese, e via dicendo. L’eccesso di discrezionalità non ha mancato di manifestarsi anche sul piano della gestione delle risorse umane, attraverso il non infrequente ricorso a professionalità dirigenziali esterne e a procedure di conferimento degli incarichi non sempre trasparenti e uniformi. Non poche volte i maggiori margini di discrezionalità nella gestione del personale, introdotti per disporre di una leva più efficiente al fine di accrescere le competenze e premiare il merito, sono stati utilizzati negli anni passati quale mero strumento di esercizio del potere.

In questo modo si sono, almeno in parte, offuscati gli obiettivi che con la riforma si volevano perseguire attraverso l’adozione di un modello di organizzazione di tipo aziendale, fortemente orientato al conseguimento di concreti e misurabili risultati.

Nel settore ICT il ruolo centrale nel processo di ammodernamento e accorpamento assegnato a SOGEI, ruolo confermato nel tempo con l’incorporazione di parte delle attività di CONSIP, l’ampliamento progressivo delle competenze (tessera sanitaria, anagrafe nazionale dei soggetti residenti) e, soprattutto, attraverso l’adozione del modello organizzativo e contrattuale dell’in house providing, non ha avuto il riscontro atteso in termini di capacità di innovazione. Le Agenzie, dal canto loro, hanno impropriamente rafforzato le competenze professionali interne in materia informatica, generando sovrapposizioni nei compiti e forme di competizione per l’acquisizione delle risorse dell’informatica pubblica (strategiche per la PA).

Anche a causa di ciò, dopo una fase caratterizzata da grande capacità di innovazione che aveva portato, alla fine degli anni novanta, all’introduzione del c.d. Fisco telematico (dichiarazioni fiscali, versamenti unificati, ecc.) che aveva posto il nostro Paese all’avanguardia nel campo dei servizi informatici offerti dalla PA, sono seguiti anni nei quali è stato accumulato il ritardo nello sviluppo tecnologico e nella qualità dei servizi resi che oggi si riscontra.

Alla luce di queste considerazioni pare quanto mai opportuno recuperare lo spirito originario della riforma, basato sull’istituzione di strutture organizzative con perimetri di competenza ben definiti, ove ciascuna organizzazione eserciti il proprio specifico ruolo, in un quadro complessivo di forte integrazione tra le diverse entità coinvolte, definendo così i presupposti per un recupero di efficienza nell’azione amministrativa finalizzata al rafforzamento della lotta all’evasione ed alla semplificazione degli adempimenti fiscali.

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