La permanenza di Sofia Loren nel carcere di Caserta per 17 giorni nel 1982 non ha nulla a che vedere con la vicenda sulla quale nei giorni scorsi si è pronunciata la Cassazione, ma riguarda un altro episodio di evasione fiscale di cui la popolare attrice si era resa protagonista.
Le manette alla Loren, infatti, scattarono per una evasione di 112 milioni accertata dagli uffici finanziari nel 1973. L’evasione era relativa all’imposta di ricchezza mobile e all’imposta complementare, tributi che poi con la riforma del 1971-73 furono assorbiti dalle nuove imposte dirette. Appaiono perciò del tutto fuori luogo i commenti negativi nei confronti dell’amministrazione finanziaria che hanno accompagnato la sentenza della Suprema corte. Essa, infatti, si è pronunciata sulle modalità di applicazione del condono Irpef relativo all’anno 1974, per il quale – ferma restando l’evasione accertata di un reddito di oltre 900 milioni di lire – occorreva stabilire quali dovessero essere le modalità di definizione in presenza di una dichiarazione formalmente presentata, ma priva dell’indicazione di qualsiasi fonte di reddito e che, per tale ragione, l’amministrazione aveva ritenuto nulla. In sostanza, occorreva stabilire se il condono dovesse essere calcolato sul 60% dell’imponibile accertato, come pretendeva la difesa dell’attrice ritenendo valida la dichiarazione presentata in bianco, ovvero sul 70% sull’imponibile evaso, come riteneva l’Ufficio delle imposte dirette di Roma.
La sentenza della Sezione tributaria della Cassazione, dunque, ha semplicemente accolto la tesi della nota artista ritenendo valida la domanda di condono fatta in base all’art. 16, comma 1, del d.l. 429 del 1982, convertito nella la legge 516 dello stesso anno, il famoso condono tombale voluto dal ministro delle Finanze Rino Formica. La vicenda, dunque, si è chiusa con la definizione di un imponibile di 552 milioni, pari al 60% dei 920 milioni accertati dall’ufficio. Le Commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano già dato ragione alla Loren, mentre la Commissione tributaria centrale aveva dichiarato legittima la liquidazione del condono con l’imponibile calcolato nella misura del 70% dell’accertato. Ora invece la Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la decisione della commissione tributaria centrale.
La storia. La vicenda risale al 1975, anno in cui la signora Sofia Scicolone, in arte Loren, presentò con il marito il modello 740 per l’anno 1974. Nel modello di dichiarazione dei due coniugi non era indicato alcun importo relativo alla produzione di redditi e ad esso era allegata una nota, firmata da entrambi i coniugi, nella quale, si diceva, in sostanza, che pur avendo partecipato ad alcuni film, l’attrice non aveva percepito alcun compenso. Al riguardo, l’art. 1, secondo comma, del DPR 29 settembre 1973, n. 600, tuttora in vigore, afferma che la dichiarazione dei redditi ”deve contenere l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili…” ”I redditi per i quali manca tale indicazione si considerano non dichiarati ai fini dell’accertamento e delle sanzioni”. L’amministrazione nel caso della Loren a conclusione della sua attività e dopo aver invitato la contribuente a fornire documentazione e chiarimenti, accertò un reddito complessivo netto di 920 milioni irrogando le conseguenti sanzioni.
Gli avvocati della contribuente impugnarono l’accertamento, ma nel 1982 aderirono al condono previsto dal d.l. 429, versando l’imposta corrispondente al 60% dell’imponibile accertato. L’amministrazione invece, tenendo conto della disposizione di carattere generale contenuta nell’art. 1, comma secondo, del DPR n.600, ritenne che dovesse essere applicata la percentuale di definizione del 70%.
Sofia Loren che, come abbiamo detto, non aveva avuto certo un buon rapporto con il fisco anche in precedenza, aderendo al condono riconobbe che per l’anno 1974 era responsabile di una consistente evasione fiscale. Evasione che viene, evidentemente, confermata dalla Cassazione con la sentenza di oggi.
Lasciano pertanto sconcertati alcuni commenti che hanno accompagnato la sentenza tendenti a rappresentare Sofia Loren come vittima di un fisco ingiusto e persecutorio. Per non parlare di altri evasori noti, come il calciatore Diego Armando Maradona, il quale dimenticando i pronunciamenti già intervenuti nei suoi confronti da parte della Cassazione, che ha confermato gli accertamenti degli uffici fiscali, si ostina a non pagare le somme evase e si atteggia a vittima del sistema.