Governo punta un miliardo sulla sicurezza, ma il pacchetto è per metà dedicato alle buste paga delle forze dell’ordine. Un miliardo anche sulla cultura, con una card da 500 euro per i giovani. Strigliata dei tecnici sui tagli: confusi e poco praticabili.
Da un lato il pacchetto cultura, che stanzia 500 milioni di euro per la riqualificazione delle città metropolitane ed elargisce carte da 500 euro ciascuna per i “consumi culturali” dei neo diciottenni. Dall’altro il pacchetto sicurezza, che estende il bonus 80 euro alle forze dell’ordine e interviene marginalmente su cyber security e beni strumentali di carabinieri e polizia. In totale due miliardi, più o meno quanti sarebbero serviti per il taglio di 3,5 punti dell’Ires già a partire dal 2016. E che invece saranno impiegati su sicurezza e cultura, o almeno dovrebbero.
Facendo ricorso al deficit, le misure dovranno infatti passare sotto la lente d’ingrandimento della Commissione Ue, che intanto ha rinviato ad aprile il responso sulla manovra. I margini di flessibilità aggiuntiva ci sarebbero: sono previsti dalle clausole migranti (0,1%, circa 1,6 miliardi), riforme (0,1%) e investimenti (0,3%), cui potrebbe aggiungersi un ulteriore spazio per gli interventi sulla sicurezza, dopo i fatti di Parigi. Il problema è però capire se Bruxelles considererà le misure attinenti con le clausole.
Intanto, in attesa del verdetto, il cammino della legge di stabilità prosegue alla Camera. È fissato per oggi il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti in commissione: il testo arriverà in Aula alla Camera per la discussione generale il prossimo 14 dicembre.
Più fondi su sicurezza. Un miliardo finirà nel comparto sicurezza, alle voci cyber intelligence, difesa e spesa per il personale. Più precisamente, 500 milioni saranno indirizzati nelle buste paga di carabinieri e forze di polizia, i quali per motivi di anzianità (molti hanno un reddito leggermente superiore a 1600 euro) non hanno potuto usufruire del bonus 80 euro. Un fondo da 50 milioni di euro servirà per il rinnovo dei beni strumentali delle forze dell’ordine, mentre 15 milioni saranno veicolati nella cyber security. Il resto andrà al ministero della Difesa per gli investimenti “strategici”: una mossa che ha il sapore di compensazione, dopo i numerosi tagli imposti al comparto con le ultime manovre finanziarie.
Cultura. L’altro miliardo sarà destinato alla cultura. Il piatto forte, e dal retrogusto elettorale, è il fondo da 300 milioni di euro destinato ai giovani che il prossimo anno compiranno diciotto anni. Ai quali il governo garantirà una “carta” da 500 euro ciascuno da spendere in cultura: concerti, musei, teatri, libri e così via. In sostanza la stessa misura che era stata inserita nel decreto “Buona scuola”, con la differenza che a beneficiarne stavolta non sono i professori ma gli alunni. Per questa misura vale lo stesso discorso fatto per il taglio dell’Ires: le possibilità che la Commissione Ue conceda più margini di flessibilità per consentire interventi che poco somigliano a riforme e nulla hanno a che vedere con immigrazione e sicurezza restano piuttosto scarse. Nel pacchetto cultura c’è altro, comunque. Ad esempio si mettono sul piatto 500 milioni per le città metropolitane che da qui al 31 dicembre presenteranno progetti di riqualificazione delle periferie. Non solo: una dote da 150 milioni che permetterà di destinare il 2 per mille alle associazioni culturali; altri 50 per garantire borse di studio agli studenti meritevoli che non possono pagarsi gli studi universitari.
Sale l’Iva per le Coop. Intanto alla Camera prosegue l’iter della legge di Stabilità. Con pochi stravolgimenti e qualche correzione, come nel caso dell’aliquota ridotta Iva per le prestazioni socio-sanitarie ed educative che sale dal 4 al 5%. La misura esordirà nel 2016 e riguarderà in particolare le prestazioni rese da cooperative sociali e consorzi, sia in appalto che in convenzione. Per le cooperative non sociali, invece, l’aliquota Iva sale dal 4 al 22%. Abrogata, infine, la possibilità per le cooperative sociali di optare per l’esenzione Iva: il regime resterà in vigore solo per le prestazioni rese direttamente nei confronti del fruitore del servizio da parte delle cooperative qualificate come onlus.
Spese fiscali all’insù. Stando a quanto rilevato dai tecnici di Camera e Senato, sono 296 le agevolazioni fiscali per il 2016. Contrariamente a quanto annunciato alla vigilia della legge di stabilità, le tax expenditure non solo non si riducono, ma aumentano rispetto al 2015 e appesantiscono il bilancio per ulteriori 15 miliardi. Complessivamente, calcolano i tecnici, le quasi 300 voci di sconti comportano mancate entrate per circa 175 miliardi di euro. Dal prossimo anno le cifre saranno più precise: in uno dei decreti attuativi della delega fiscale approvati nei mesi scorsi è infatti previsto che da quest’anno sia avviato un monitoraggio di evasione ed erosione fiscale che consentirà di predisporre annualmente un programma di riordino. Già con la manovra di quest’anno era attesa una prima sforbiciata al sottobosco di sconti fiscali, ma la questione è poi finita su un binario morto perché ciò avrebbe comportato un aumento della pressione fiscale. Ed è proprio il dietrofront del governo ad aver spinto alle dimissioni l’ormai ex commissario per la spending review Roberto Perotti, che nell’ultimo anno si era concentrato proprio sul capitolo delle tax expenditure.
Rebus tagli. Gli interventi di spending, nel frattempo, continuano a tenere banco. Non solo per il dimezzamento delle spese informatiche che ieri ha innescato il duro attacco di Boeri al Governo. A far discutere sono i tagli semi-lineari che dovrebbero toccare i ministeri, la centralizzazione degli acquisti e lo stop all’incremento del fondo sanitario. Quanto ai dicasteri, nel dossier predisposto dai tecnici della camera si spiega che “non sono forniti elementi a supporto della concreta praticabilità delle riduzioni di spesa disposte”, e sarebbe utile sapere a tal proposito “le valutazioni sottostanti le previsioni di risparmio. Ciò al fine di evitare il rischio che le riduzioni indicate possano dar luogo a problemi di natura operativa ed organizzativa”. Sul blocco del fondo nazionale che per il 2016 vale circa 2 miliardi, i tecnici della Camera osservano invece che “andrebbero acquisiti chiarimenti circa l’effettiva possibilità di attivare dei meccanismi automatici nelle regioni già in disavanzo nelle quali sono già scattati i meccanismi previsti dalla normativa vigente”. Quanto alla centralizzazione degli acquisti della Pa, invece, resta l’incognita sulla “effettiva praticabilità” della misura.