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lunedì 10 Marzo 2025
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Studi settore, nuovo regime premiale a rischio costituzionalità

Per i contribuenti in regola con gli studi di settore il termine per l’accertamento viene ridotto da 4 a 3 anni. Inoltre l’accertamento sintetico scatta quando il reddito accertabile eccede di almeno un terzo quello dichiarato, anziché di un quinto come stabilito per tutti gli altri contribuenti.

di Villiam Rossi

Il regime premiale introdotto con il decreto ‘salva Italia’ a favore dei contribuenti in regola con gli studi di settore potrebbe presentare profili di incostituzionalità in relazione agli articoli 3 e 53 della Carta. Introdotto con l’obiettivo di promuovere la trasparenza e l’emersione di base imponibile, rischia di realizzare una evidente disparità di trattamento dei contribuenti di fronte all’amministrazione finanziaria. Mentre per un pensionato o un lavoratore dipendente il fisco ha 4 anni per procedere ad eventuali accertamenti e rettifiche per un lavoratore autonomo in regola con gli studi di settore, ne ha soli 3. Un vantaggio ancor più ingiustificato se si tiene conto che i dati per gli studi, fornitii dagli stessi contribuenti, sono spesso non veritieri. Come dimostrano le ultime statistiche diffuse dal dipartimento delle Finanze relative al 2009 i redditi delle categorie interessate permangono nella maggior parte dei casi bassi e inferiori a quelli di pensionati e lavoratori dipendenti. Appare poi del tutto ingiustificata una diversa soglia di presunta evasione per far scattare l’accertamento sintetico. In questo caso per un pensionato l’accertamento sintetico scatta quando il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato per un autonomo in regola con gli studi la soglia sale a un terzo.

Nel dettaglio la norma introdotta con il ‘salva Italia’ (articolo 10, comma 9, legge numero 214 del 2011) prevede che nei confronti dei contribuenti sottoposti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, che dichiarano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore:

a) sono preclusi gli accertamenti basati su presunzioni semplici, anche se gravi, precise e concordanti. Quindi, diversamente da quanto previsto dall’art. 51, comma 17, della Legge n. 296 del 2006 – Finanziaria 2007 (norma abrogata a partire dalle annualità 2011 e successive), nei confronti dei soggetti congrui e coerenti rispetto alle risultanze degli studi di settore, i ricavi o i compensi dichiarati non possono più essere rettificati dall’Agenzia delle Entrate sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, anche quando dalla ricostruzione presuntiva risulti che l’ammontare delle attività non dichiarate sia superiore al 40% dell’importo dei ricavi o dei compensi dichiarati oppure superiore a 50.000 euro.

b) Sono ridotti di un anno i termini di decadenza per l’attività di accertamento. Quindi 3 anni anziché 4 come previsto per tutti gli altri contribuenti, anche per gli ipertrasparenti titolari di reddito di lavoro dipendente o di pensione.

c) La determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato, anziché di un quinto come stabilito per tutti gli altri contribuenti, compresi gli ipertrasparenti lavoratori dipendenti e pensionati.

Pertanto, in linea teorica, in presenza di una capacità di spesa per la quale il reddito complessivo è accertabile sinteticamente in 25.000 euro:

– la determinazione sintetica è ammessa nei confronti di un lavoratore dipendente o di un pensionato che dichiara un reddito complessivo di 20.000 euro;

– la determinazione sintetica non è ammessa nei confronti di un artigiano, un commerciante o di un professionista congruo e coerente agli studi di settore che dichiara un reddito complessivo di 20.000 euro.

I richiamati benefici si applicano a condizione che:

a) il contribuente abbia regolarmente assolto agli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;

b) la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione degli studi di settore.

Il regime premiale introdotto, caldeggiato anche in passato dalle principali associazioni di categoria e dalla Sose, la società che gestisce gli studi di settore, vuole promuovere la trasparenza e l’emersione di base imponibile attraverso la valorizzazione degli studi di settore. Affinchè tale scelta possa dimostrarsi corretta ed adeguata, è necessario che vengano seriamente rivisti i criteri di elaborazione e definizione degli studi di settore e, soprattutto, che siano rimosse le principali criticità finora riscontrate.

E’ ampiamente noto tra gli addetti ai lavori come i dati forniti dai contribuenti, che costituiscono la base per le elaborazioni, siano spesso non veritieri e determinino ricostruzioni statistiche in molti casi non corrispondenti alla realtà.

La concessione di benefici può certamente stimolare i contribuenti ad una più leale collaborazione, ma non credo sia sufficiente per superare la diffusa propensione a dissimulare la propria effettiva capacità contributiva agli occhi dell’amministrazione finanziaria.

Per contrastare il fenomeno sarebbe necessario reintrodurre l’obbligo per i soggetti titolari di partita Iva di trasmettere in via telematica all’Anagrafe tributaria le operazioni di acquisto e di vendita annualmente effettuate (c.d. elenco clienti – fornitori), inopinatamente eliminato nel giugno 2008 dopo due anni di applicazione che avevano messo in luce la notevole efficacia dello strumento.

Infatti, la disponibilità e l’elaborazione di tali dati, oltre ad evidenziare situazioni utili per la selezione delle posizioni da sottoporre a controllo, consente di riscontrare agevolmente e con buona attendibilità la correttezza dei principali dati (acquisti di materie prime, di beni destinati alla rivendita, ecc.); dati questi che sono fondamentali per il funzionamento degli studi di settore e che spesso vengono indicati in misura non veritiera dagli interessati.

L’elenco clienti e fornitori costituisce dunque uno strumento particolarmente efficace per stimolare la tax compliance e per indurre i contribuenti ad assolvere correttamente agli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e per promuovere effettivamente la trasparenza e l’emersione di base imponibile.

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