Di Angelo Mincuzzi e Giulio Rubino
Le frodi sui dividendi azionari hanno causato un ammanco fiscale di 150 miliardi di euro in vent’anni in dieci Paesi dell’Unione europea, più Svizzera e Stati Uniti. Solo per l’Italia si parla di oltre 13 miliardi di euro di danni. Messi in fila uno dietro l’altro 150 miliardi in biglietti da cento fanno il giro della terra più di cinque volte. Sono più della spesa sanitaria italiana del 2021 (127 miliardi). E sono pari ai soldi che gli Stati dovrebbero riuscire a recuperare grazie all’introduzione della tassa minima globale del 15% sulle multinazionali. CumEx Files 2.0, un’indagine congiunta effettuata da media di 15 Paesi (per l’Italia Il Sole 24 Ore), coordinati dalla redazione tedesca no-profit Correctiv, ha stimato per la prima volta il danno globale causato alle amministrazioni fiscali di dodici Paesi dalle operazioni di dividend washing negli ultimi vent’anni (transazioni chiamate tecnicamente “cum-cum” e “cum-ex”). La stima è stata realizzata dagli esperti dell’Università di Mannheim, in Germania, proprio mentre nei tribunali di mezza Europa sono in pieno svolgimento i processi contro alcune delle più importanti frodi sui dividendi degli ultimi anni. I CumExFiles contengono circa 200mila pagine di documenti. Includono rapporti di indagine di varie autorità, verbali di interrogatori di testimoni chiave e di indagati, documenti bancari interni, email, trascrizioni di telefonate intercettate. I documenti provengono da varie fughe di notizie. Grazie al supporto del team di Christoph Spengel, docente di diritto tributario all’Università di Mannheim, il consorzio di giornalisti ha potuto calcolare almeno una stima parziale dei danni causati da questo tipo di operazioni al fisco europeo (e in parte degli Stati Uniti). La cifra totale di oltre 150 miliardi di euro è impressionante. Il numero tiene conto sia di operazioni di tipo “cum-cum” che di tipo “cum-ex” e per l’Italia la valutazione dei soldi che mancano all’appello arriva per la precisione a 13,27 miliardi. Una cifra inferiore rispetto agli altri grandi paesi Il Sole 24 Ore https://www.quotidiano.ilsole24ore.com/sfoglio/aviator.php?newspaper… 1 di 4 22/10/2021, 12:18 della Ue ma il fenomeno è spiegato dal fatto che negli ultimi anni l’Italia ha adottato una normativa più stringente che rende più difficili le manovre elusive e le operazioni di questo tipo e ha posto in essere una serie di oprazioni di contrasto a questi comportamenti. La complessità delle leggi fiscali, ma soprattutto il modo in cui queste interagiscono fra loro in ambito internazionale, tra convenzioni e accordi bilaterali fra Stati, dà vita a un’amplissima zona grigia, dove le regole sono spesso tutt’altro che chiare. Non c’è da stupirsi quindi se una delle più grandi frodi fiscali mai scoperte – il cosiddetto scandalo ”cum-ex” che permette di eludere, e in alcuni casi anche di farsi rimborsare illecitamente, le tasse sui dividendi azionari – sia ancora nella fase del dibattimento in numerosi procedimenti penali aperti nei tribunali di mezza Europa, in particolare in Germania, Danimarca e Olanda. Il sistema “cum-ex” è infatti stato scoperto dalle autorità tedesche nel 2012, anche se le operazioni di questo tipo sarebbero cominciate fin dal 2001. Questo schema fiscale, fra l’altro, è solo un tipo, il più aggressivo, di una grande varietà di meccanismi di dividend washing, la cui tipologia più semplice, definita “cum-cum” dagli investigatori tedeschi, è stata praticata – e, a detta di diversi attori del mondo finanziario, lo è ancora – in tutto il mondo con profitti eccezionali. Il meccanismo base delle operazioni di dividend washing è abbastanza semplice, anche se può apparire molto complesso. Invece di incassare un dividendo, un’azienda, un trader o un investitore, può vendere le azioni di sua proprietà a un soggetto terzo calcolando nel prezzo di vendita il dividendo ancora “in maturazione” dentro quelle azioni. Per chi vende si genera quindi una plusvalenza, che è esente da tassazione, mentre chi compra (e incassa il dividendo) può rivendere le azioni a chi le ha originariamente cedute a un prezzo inferiore a quello di acquisto, cioè al valore delle azioni vuote del dividendo, subendo una perdita, una minusvalenza, che però è fiscalmente deducibile. Una legge italiana del 2005 dovrebbe contrastare queste operazioni, dato che la minusvalenza non è più integralmente deducibile, ma deve essere ridotta della quota non imponibile del dividendo incassato (che per le società di capitali è del 95%). Questo cambiamento però non ha arginato il problema, tanto che a seguito della pubblicazione della prima inchiesta “CumEx Files”, realizzata nel 2018 da questo stesso team giornalistico, l’Esma (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) ha inviato un questionario a tutti gli Stati membri per valutare i potenziali rischi a cui è esposta l’Unione europea. Per l’Italia ha risposto la Consob che, pur segnalando che non dovrebbero esistere Il Sole 24 Ore https://www.quotidiano.ilsole24ore.com/sfoglio/aviator.php?newspaper… 2 di 4 22/10/2021, 12:18 scappatoie legali che permettano le forme più aggressive di dividend washing (del tipo “cum-ex”), ha aggiunto che le azioni di aziende italiane potrebbero essere bersaglio di sistemi del tipo “cum-cum”. Per il periodo dal 2000 al 2020 l’inchiesta CumEx Files 2.0 ha considerato Italia, Germania, Austria, Spagna, Olanda, Belgio, Francia e Lussemburgo. La Svizzera e gli Usa sono stati conteggiati solo fino al 2008, quando il fenomeno dovrebbe essere stato bloccato. Nel dettaglio, per le operazioni di tipo “cum-cum” le perdite di gettito arrivano a quasi 141 miliardi di euro e i Paesi più colpiti sono Francia (33 miliardi persi), Germania (28) e Olanda (26), mentre l’Italia è al quinto posto, con i 13,2 miliardi mancanti. Altri 10 miliardi del totale vengono dalle operazioni di tipo “cum-ex”, che sono state finora accertate solo in alcuni Paesi: Germania, Francia, Belgio e Danimarca. In Germania ci sono almeno tre processi in corso, a Colonia, Francoforte e Monaco. Solo a Colonia ci sono oltre 700 indagati e i giudici stanno vagliando il ruolo di oltre 20 istituzioni finanziarie che in passato sono state coinvolte nelle operazioni “cum-ex”. Si tratta di Santander, Allen (sussidiaria di Santander nel Regno Unito), Macquarie, Icap, Link, Equinet, Mf Global, Novus, Abn Amro, Bank of Nova Scotia, Barclays, Blackrock, Caritas Fonds, Commerzbank, Deka Bank, Deutsche Bank, Fortis Bank (controllata di Bnp Paribas), Investec, Lehman, Merrill Lynch, Maple Uk, Morgan Stanley e Varengold Bank. Altri importanti processi sono aperti in Danimarca, Olanda, Belgio. Nel frattempo, a partire dal 2020, sono cominciate ad arrivare le prime sentenze, tutte a favore dell’accusa. A marzo 2020 Martin Shields e Nicholas Diable, due ex banchieri inglesi accusati in Germania, sono stati condannati a una pena sospesa solo perché il tribunale ha riconosciuto la loro collaborazione con la procura. Nello stesso procedimento la banca di Amburgo MmWarburg ha subito un sequestro di 176 milioni di euro. Lo scorso giugno, un ex impiegato della stessa Warburg non è stato così fortunato. È stato infatti il primo banchiere a essere mandato in carcere per operazioni “cumex”, ben cinque anni e mezzo. Qualcosa si muove, dunque, in Europa. E anche in Italia le autorità fiscali investigative potrebbero già aver acceso un faro sul turbolento mondo delle frodi “cum-ex”.