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domenica 6 Ottobre 2024
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Ue, spinte inflazionistiche non preoccupano, cause legate all’emergenza pandemica

Le spinte inflazionistiche che accompagnano i balzi in avanti registrati dalle economie dei paesi dell’area Ue non destano particolari preoccupazioni in quanto sono generate prevalentemente da cause non strutturali. A fare il punto sulla ripresa dell’inflazione è uno studio della Commissione europea che ha sottoposto ad attento vaglio le cause della crescita dei prezzi. Nell’anno appena trascorso il Pil degli Stati membri si è attestato sui livelli pre-pandemia e le previsioni per il biennio 2022/2023 sono abbastanza incoraggianti Si tratta di aspettative che non dovrebbero patire contraccolpi a causa della significativa crescita dell’inflazione determinata in buona parte dalle restrizioni e dagli adattamenti della domanda e dell’offerta conseguenti all’emergenza pandemica nonché nei
provvedimenti adottati dai governi per sostenere le famiglie. In particolare, i sussidi al reddito e all’occupazione da un lato e, dall’altro, le drastiche riduzioni dei consumi a causa dei lock-down hanno determinato lo spostamento della domanda dalle merci ai
servizi ed al crollo, nell’ambito di questi ultimi, dei servizi legati al tempo libero, alla ricettività ed agli spostamenti a fronte del vertiginoso affermarsi dei servizi “elettronici” e delle consegne a domicilio.

La crescita della domanda di alcuni beni è stata talmente forte da causare pesanti ripercussioni nei settori della logistica e delle rotte commerciali al punto da compromettere il funzionamento delle ordinarie catene di rifornimento,specie per le materie prime. Ed è stato proprio il nodo nell’approvvigionamento di tali risorse a determinare le crisi del settore produttivo, provocando inverosimili allungamenti dei tempi di consegna. Il quadro si completa con le impennate, inattese ed impreviste, dei prezzi registrate nel settore dell’energia. Difatti, nel secondo semestre del 2021 i costi del gas naturale hanno di gran lunga superato i livelli pre-pandemia. Le cause di questi aumenti sono molteplici. In primis le ragioni di carattere ambientale quali quelle imposte dagli obiettivi di “sustainability” perseguiti dalle istituzioni unionali per centrare gli obiettivi di zero emissioni nel 2050 o da ragioni squisitamente politiche quali le arbitrarie riduzioni di fornitura di gas naturale praticate dalla Russia. Né meno trascurabili sono state le ragioni legate al clima quali, ad esempio, la ridotta intensità dei venti nel Mare del Nord che ha determinato una significativa riduzione della produzione di energia eolica.

L’aumento del costo del gas naturale ha trascinato con sé quello dell’energia elettrica con significative conseguenze per i cittadini della Ue che hanno visto l’inflazione raggiungere il tetto del 5% e il prezzo delle componenti energetiche svettare del 30%. Pur se livelli non trascurabili di inflazione si riverberano nell’immediato sulle tasche dei consumatori erodendone sia il potere di acquisto che le liquidità accantonate durante la pandemia, lo studio curato dalla Commissione intende sottolineare la assoluta marginalità del fenomeno. Si tratta, difatti, di inflazione generata da cause contingenti (dovute a temporanei squilibri tra domanda e offerta e a criticità della logistica) e non strutturali e ben diversa, quindi, dai preoccupanti fenomeni inflattivi determinatisi negli anni ’70 del secolo scorso. Prova ne sono, rilevano gli esperti della Commissione, i futuri contratti di compravendita di prodotti energetici che evidenziano prezzi di acquisto in lenta ma progressiva diminuzione.

Occorre, inoltre, considerare che la volatilità dei prezzi dei prodotti energetici si spiega anche alla luce delle sfide (e conseguenti incertezze) poste dalla ricerca in energie da fonti rinnovabili. Anche se – rilevano gli studiosi – la conseguente riorganizzazione dei mercati e delle offerte produttive e le nuove prassi commerciali offriranno una adeguata tutela ai consumatori a fronte delle descritte oscillazioni di prezzi. Sembra, quindi, che le presenti punte inflazionistice non debbano ingenerare eccessivi timori.
Si tratta di “buona” inflazione in quanto determinata da cause contingenti (tra cui la robusta crescita economica) e suscettibile di essere sapientamente tenuta sotto controllo grazie agli efficaci strumenti di cui si è dotata l’Unione europea per governare nel medio e lungo periodo la ripresa economica. Le misure strutturali richieste agli Stati per la validazione dei rispettivi Pnnr fungono da garanzia. Il più efficace presidio all’inflazione resta, tuttavia, il perseguimento di politiche strutturali, di ampio respiro e a lungo termine. O meglio, come suggeriva nel 2019 l’allora presidente della Bce con riferimento alle strategie da mettere in campo per il perseguimento di una efficace politica monetaria, la politica delle 3 “p”: patience, persistance and prudence.

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